Dal successo in Silicon Valley all’INPS. Quell’esemplare filo rosso di Vincenzo Di Nicola

Roberto Bonzio
6 min readJan 31, 2021

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Vincenzo Di Nicola a San Francisco, sulla tomba di Carlo Camillo di Rudio, patriota bellunese

Ma… com’è stato possibile? E quand’è scattata la scintilla che ha innescato tutto?

Forse quella birra allo stadio…? No, forse l’imprinting da genitori tutti e due impegnati nell’amministrazione pubblica… o forse no, da un nonno che era stato emigrante…

Sì insomma: com’è accaduto che un brillante studente abruzzese, che aveva imparato l’inglese con un viaggio premio per figli di dipendenti delle Poste, dopo la laurea in Ingegneria Informatica all’Università di Bologna e un master alla Stanford University in Computer Science, uno stage in Yahoo! e il lavoro in Microsoft in America e Cina, abbia lanciato a San Francisco una startup nel campo dei pagamenti digitali, facendo una exit di successo con Amazon, abbia ottenuto la cittadinanza americana e sia tornato in Italia, per affermarsi con un’altra startup nel campo delle criptovalute… continuando nel frattempo a dedicare tempo e risorse agli studenti di quella che era stata la sua scuola in Abruzzo, oltre che alle sue passioni, la storia e la numismatica… e che da qualche settimana sia entrato nell’amministrazione pubblica, come i suoi genitori, a capo dell’innovazione tecnologica e della trasformazione digitale di INPS?

No, non è solo la straordinaria carriera di Vincenzo Di Nicola che merita di esser raccontata. Merita inseguire e decifrare il filo rosso che l’ha ispirata, in cui il talento e la determinazione si sono intrecciati a valori etici e d’impegno civile, il collegare i puntini, l’intendere il proprio ruolo di innovatore, imprenditore e cittadino in modo (purtroppo) non comune.

Un percorso che ha più volte incrociato quello di Italiani di Frontiera, di cui Vincenzo è tra i protagonisti.

Dieci anni fa, la sua Gopago era appena stata lanciata a Mountain View quando Vincenzo ce la raccontò in esclusiva a San Francisco, settembre 2011, durante la prima delle 19 edizioni dell’Italiani di Frontiera Silicon Valley Tour.

Gopago e la birra allo stadio di baseball

E… la birra allo stadio? Come spesso accade, sono eventi fortuiti a innescare l’idea giusta. E l’idea di Gopago, mi aveva raccontato Vincenzo, era nata così, allo stadio dei Giants, la squadra di baseball di San Francisco. Quando Barry Bonds, leggendario battitore dei Giants aveva messo a segno il colpo che lo fece entrare nella storia stabilendo un nuovo record… il collega di Vincenzo si era perso la scena perchè era in coda ad aspettare una birra! Possibile che non ci sia un altro modo per pagare che mettersi in coda con i contanti? Lo spunto per realizzare una tecnologia e un’impresa di successo, per qualcosa che oggi fa parte della nostra quotidianità, utilizzare i telefonini anche per i pagamenti, senza più bisogno di moneta, era nata così.

Due anni dopo, dicembre 2013, il team di tecnici e la tecnologia della startup passavano ad Amazon (mentre Gopago veniva acquistata dalla società DoubleTeam). Vincenzo ottiene la cittadinanza americana ma ha in mente di tornare in Italia.

L’omaggio di un giovane imprenditore a un Italiano di Frontiera del West

Prima di ripartire però, Vincenzo immortala sui social una foto che ha grande valore, proprio per Italiani di Frontiera.

Qualcuno alla nascita del mio progetto aveva storto il naso di fronte all’idea “balzana” di affiancare a storie di innovatori quella di italiani che in passato avevano affrontato altra frontiere: quella delle esplorazioni, del selvaggio West, facendo tesoro anche delle bellissime storie raccolte da “my brother” Cesare Marino, antropologo trevigiano dello Smithsonian Institution a Washington, tra i più grandi esperti mondiali di nativi americani.

Forse nessuna di queste storie è avvincente e incredibile quanto quella di Carlo Camillo di Rudio, (cui Cesare a dedicato la sua biografia Dal Piave al Little Bighorn, Alessandro Tarantola editore, ultima edizione, oggi quasi introvabile, con mia prefazione) conte bellunese, patriota che dopo mille spericolate avventure nel Risorgimento e nel Far West (tra i pochissimi sopravvissuti a Little Bighorn!) è sepolto oggi a San Francisco.

E’ su quella tomba, al cimitero militare del Presidio, che Vincenzo, appena diventato cittadino americano, posa con tricolore e bandierina stellestrisce.

Quella foto, di un giovane imprenditore di successo che rende omaggio a un patriota emigrato e dimenticato ha avuto grande valore per il mio lavoro: essere “di Frontiera” non è una connotazione geografica ma ha a che fare con un propensione ideale, uno stato mentale: uscire dagli schemi delle consuetudini, rischiare e faticare per sfidare l’ignoto, allargare gli orizzonti, imaginare il futuro. Ma è stata anche conferma della linea coerente seguita da Vincenzo, orgoglioso nipote di un nonno minatore emigrato il secolo scorso sui Monti Appalachi, da cui ha ereditato tenacia, spirito di sacrificio e senso della responsabilità. Che non è solo successo professionale ma pure impegno civile.

Conio, un altro successo ma a Milano

Solo pochi anni dopo, incrocio nuovamente Vincenzo, prima ospiti in un programma di Radio24, poi facendo visita alla sua nuova startup di finanza digitale che si occupa di blockchain e bitcoin fondata assieme a Christian Miccoli: Conio, (quel giorno del 2017 compiva due anni), che a fine 2020 ha raccolto un grosso investimento da Banca Generali.

Vincenzo con Christian Miccoli e il team di Conio nella sede di Milano

Nel frattempo Vincenzo ha continuato a coltivare le sue passioni d’impegno civile, come il coordinamento del sito La Grande Guerra in tempo reale (ragazzidel99.it), realizzato assieme ai ragazzi di quella che era stata la sua scuola, il liceo scientifico Einstein di Teramo, molto apprezzato anche dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha accolto al Quirinale la squadra che lo ha realizzato.

Passione italiana, coraggio americano” è lo slogan che si è scelto Vincenzo. Che nel suo blog ha raccontato l’ultimo recente capitolo di un percorso unico, che l’ha visto diventare Responsabile per l’Innovazione Tecnologica e la Trasformazione Digitale all’INPS… seguendo una linea diretta, come dovrebbe accadere più spesso e invece non accade (quasi mai) specie in Italia.

“Lo Stato siamo noi”

Vincenzo aveva usato le sue competenze e la sua passione per indicare in un post molto duro tutti i disservizi della pubblica amministrazione in materia di bonus Covid-19.

“C’è una cosa che mi ha sempre profondamente irritato in Italia. L’abitudine a dare sempre la colpa dei problemi ad altri, in particolare allo Stato. Senza però mai rendersi conto che gli altri, lo Stato, siamo noi. Avevo 12 anni quando Paolo Borsellino fu ammazzato. Ricordo vividamente quei giorni: ce li ho impressi nella memoria. Sui telegiornali si sentiva sempre ripetere ‘lo Stato deve fare questo, deve fare quello’ senza però mai riflettere sul fatto che lo Stato non è un’entità astratta nell’Iperuranio platonico: lo Stato siamo noi e solo noi. E solo noi possiamo cambiare le cose”.

Invece di una risposta burocratica, quel post ha sortito “miracolosamente” una proposta: perchè non vieni tu a lavorarci?

Vincenzo non si è tirato indietro.

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Roberto Bonzio

"Giornalista curioso", storyteller, autore del progetto Italiani di Frontiera