1982: Italia Mundial, stampa sportiva campione mondiale di Voltafaccia
“Neanche Dante avrebbe saputo descrivere l’inferno del calcio”.
La frase, attribuita al grande Enzo Bearzot, va rispolverata oggi, undici luglio, celebrando i 40 anni della vittoria mondiale in Spagna. Ricordando che nel giorno in cui la nazionale di calcio vinse contro ogni pronostico la Coppa del Mondo di calcio battendo la Germania per 3–1 (dopo il 2–1 all’Argentina, il 3–2 al Brasile, il 2–0 alla Polonia) anche la stampa sportiva italiana conquistò un titolo mondiale: campione di Voltafaccia, con salto sul carro del vincitore, piroetta e leccata finale.
Va ricordato infatti ai nostalgici delle belle penne del giornalismo di ieri, che il trionfo sportivo, che assunse un forte valore sociale di coesione ed entusiasmo per un’Italia provatissima, arrivò dopo anni in cui un coro quasi unanime aveva infierito brutalmente su un commissario tecnico (e lasciamo da parte la retorica sullo spirito sobrio e tenace dei friulani) che non si curava di campanili, consorterie, amici degli amici. E i tifosi erano aizzati da questo tiro al ct. Al punto che Bearzot arrivò a schiaffeggiare (paternamente) una giovane interista che gli aveva urlato in faccia “Brutto scimmione!” per la mancata convocazione di Beccalossi…
Da non esperto di calcio, credo d’aver capito che Bearzot avesse un’idea in testa su come si gioca (costruire un gruppo, uno spirito di squadra che non coincide con i migliori nei rispettivi ruoli) e la perseguì cocciutamente, senza curarsi delle pubbliche relazioni. Continuando a scommettere sulla resurrezione di un centravanti detestato dai più come Paolo Rossi. Pagando per questo un caro prezzo. Gioco spettacolare in Argentina nel 1978 (dove alcuni inviati italiani scattarono in piedi esultanti al primo gol… della Francia, nella partita che perse con l’Italia!) Coppa del Mondo conquistata in Spagna nell’82, dopo una partenza grigia. Che quell’idea valesse qualcosa?
“… La sua forza fu la convinzione di essere nel giusto: gli rimproveravano di aver puntato su Paolo Rossi, reduce da due anni di inattività per il calcio scommesse. Papà aveva sempre creduto nell’innocenza di Paolo e decise di aspettare il suo ritorno in forma. Quella scelta gli scatenò una parte della stampa contro, ma lui andò dritto per la sua strada. Papà era così: per un’idea era disposto a sfidare il mondo. C’è un altro aspetto da considerare: era indifferente alla popolarità”, ha ricordato la figlia Cinzia, docente all’Università Cattolica di Milano, in una recente intervista al Messaggero.
Forse perchè non dava abbastanza spazio ai giocatori della capitale e di Inter e Milan, forse semplicemente perchè non era ossequioso nei confronti dei soloni del calcio scritto e urlato, Bearzot fu maltrattato e offeso oltre ogni limite, nel paraculismo dei vertici di Federazione e Lega, che invece di difenderlo aizzarono i forconi, prima di saltare precipitosamente anche loro sul carro di vincitori che avevano contribuito a lapidare.
L’articolo del 13 luglio 1982 del Gran Maestro Gianni Brera è un vero capolavoro. “(Italia) Hai strabiliato solo coloro che non te ne ritenevano degna, non certo coloro che sanno strologare a tempo e luogo sul mistero agonistico del calcio”. Ovvero, come adattare i fatti (la vittoria di una squadra in cui lui non credeva) alle opinioni (sue): finalmente Bearzot aveva capito che dovevamo giocare “all’italiana”! Eh lui sì che aveva intuito tutto! E chi non ricorda il “catenaccio” di Italia-Germania? Sigh.
Brera promise di rispettare il voto fatto, partecipare a una processione di penitenti se il Brasile non avesse vinto il titolo, come da “Strologatore” aveva profetizzato. Alla fine non lo fece, sembra per l’annullamento della processione. Un collega un po’ meno esperto di calcio ma più misurato, “un certo” Enzo Biagi, era stato miglior profeta, invitando da tempo a non sparare su Bearzot, qualunque cosa accadesse…
Quarant’anni dopo, in tempi in cui troppi si sentono competenti di tutto, capaci di sentenziare, attaccare personalmente, criticare ferocemente sui social, merita ricordare assieme alla gioia e lo spirito nazionale ritrovato con quel trionfo, pure le umiliazioni inflitte a chi quel successo aveva pazientemente costruito, da parte dei Maestrini del Calcio scritto e urlato, tutti a sgomitare poi sul carro dei vincitori esaltando chi fino a pochi giorni prima avevano beffeggiato.
Qui ci starebbe una divagazione sul disprezzo dei Maestrini del Tennis scritto per i campioni proletari della racchetta ai tempi della vittoria in Coppa Davis… ma è un altro discorso. O forse no.
Grazie a Gianpaolo Bonzio per la chiacchierata che ha propiziato questa riflessione.